In un era in cui tutto è in movimento e in cui la realtà è sempre piu rappresentata attraverso un filtro tecnologico, che può essere uno schermo, un cellulare, un tablet, la televisione; in un momento in cui la creazione di immagini “in movimento” è alla portata di tutti, cosa dovremmo aspettarci dalla cosiddetta video arte?
La fiera Moving Image, tenutasi a New York dal 7 al 10 Marzo, dovrebbe aver dato una risposta a questa domanda. Il sito annuncia che la fiera “offre un esperienza visiva eccitante e vitale” durante la quale “poter vedere e comprendere image-based art works”. (domanda: esistono opere d’arte che non siano basate su un immagine?).

La location, il tunnel del Waterfront di Chelsea, ha ospitato 30 new-media works di giovani artisti internazionali. Dopo le opere installative all’entrata, che hanno fatto sperare in un’esposizione vivace e innovativa, troviamo lunghe file di schermi piatti, calati dal cielo che grazie anche al buio rendono il posto spettacolare, ma cui contenuto in seguito delude un po.

Le opere presentate variano ovviamente nei temi, modalità d’esposizione e durata, ma possiamo trovare dei fili conduttori comuni che purtroppo non rappresentano niente di veramente nuovo. Così ci sono molte opere dal stile documentaristico, interessanti per le informazioni trasmesse, ma meno affascinanti dal punto di vista artistico dato che il confine tra cortometraggio e opera d’arte è molto difficile da determinare. Poi ci sono opere che esibiscono un punto di vista insolito della vita quotidiana, ma senza avvalersi di particolari linguaggi o tecniche, perdiamo presto l’attenzione.

Altre opere ancora che sono più sculture che video, per esempio con un micro schermo che trasmette un filmato, ma la qualità opinabile delle sculture rende il tutto meno attraente di quanto potrebbe in realtà essere. I visitatori sono attratti da lavori multi canali, decisamente estetici, quasi pop, ma la domanda che sorge è se qui non è la quantità delle immagini trasmesse nello stesso momento ad attirare che invece il contenuto dei film. Gli slow motion ricordano molto (o troppo?) Bill Viola, i film in Super 8mm piacciono perché evocano emozioni infantili ricollegano alla memoria personale attraverso lo stile retrò (ora in voga) ma non per la loro artisticità, le installazioni che fanno da cornice ai video sono più interessanti che l’opera in se. Qualche altro artista si è messo alla prova con l’animazione computerizzata, ma senza ottenere dei veri risultati convincenti.
Nell’insieme funziona tutto, come format fiera, ma l’aspettativa creata dalla stampa è forse troppo alta. Sarebbe da chiedersi se è la massa a togliere anima ai singoli lavori o se assistiamo ad una mostra, certamente riuscita, ma non così innovativa di quanto ci hanno fatto credere. Alla fine del lungo giro sorgono quindi molte domande, come per esempio: “Ma che cos’è la video arte oggi?”, “Cosa dovremmo o possiamo aspettarci nel 2013 in cui questo medium non è più una novità?” , “Può una tecnica che dagli anni 80 in poi è stata sviluppata soltanto nella risoluzione e nei supporti, ancora far fronte all’esigenza di esprimersi attraverso essa se allo stesso tempo è diventata parte integrante della vita di tutti e di tutti giorni?”
Sembra che dal momento che la sfida di esplorare le potenzialità del medium è diventata molto bassa, sia diventato più difficile comunicare attraverso esso senza avvalersi di un contorno estetico o il rimando a cose già sperimentate (emotivamente) in passato. Rimane da indagare quali sono e saranno i media o le modalità che in futuro daranno luce alle grandi opere d’arte, appunto in movimento.
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